ANGELO DEMITRI MORANDINI | LANGUAG* GAME OF WORDS

A cura di Chiara Canali

Opening
14 settembre h. 18.00

Dal 14 settembre al 14 ottobre 2023

Manuel Zoia Gallery
Via Pietro Maroncelli 7, Milano

Manuel Zoia Gallery è lieta di inaugurare a Milano la prima personale dell’artista Angelo Demitri Morandini, Languag* Game of Words, a cura di Chiara Canali realizzata in collaborazione con Galleria Contempo di Pergine Valsugana (TN).

Filosofo, informatico, ricercatore, Angelo Demitri Morandini è un artista concettuale, multidisciplinare, che basa la propria ricerca sul linguaggio, sulla manipolazione di parole e oggetti e sul loro impatto sulle relazioni sociali. Vincitore di premi per l’arte contemporanea e progetti di arte pubblica, le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche in Italia e all’estero. Nel 2022 MART, Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, gli ha dedicato una pubblicazione nella collana “Didattica d’artista”, dedicata alla ricerca decennale nel campo dell’arte relazionale e le sue tele sociali.

Per Angelo Morandini l’atto estetico si configura come un processo (in alcuni casi anche fortemente ludico) che consente di mettere in luce alcuni “nonsense” o alcune fratture nella odierna società della comunicazione e dell’informazione.

Come in alcuni precedenti progetti, anche in Languag* Game of Words la ricerca artistica prende avvio dal linguaggio. Morandini parte non tanto dal concetto della parola quanto dal grafema quale elemento che costituisce un’unità grafica minima. Nella serie MotusLiber. Authority of Symbols: The Manipulative Power of Algorithms, Morandini ha tracciato con la propria calligrafia una serie di segni (o grafemi) e li ha disposti su una griglia regolare. In questo caso i segni sono però incomprensibili alla vista dell’occhio e diventano plausibili e comprensibili solo attraverso l’uso dell’app Google Lens (che permette di identificare i segni o i grafemi inquadrati con la fotocamera) scegliendo l’opzione “Traduci” che si collega immediatamente con il servizio di Google Translate. L’algoritmo di traduzione interpreta selettivamente alcuni simboli, trasformandoli in parole o frasi di senso compiuto appartenenti a lingue di differenti ceppi (dall’arabo al persiano, dal russo all’ucraino).

Tuttavia non sempre l’algoritmo riesce a decodificare tutte le parole o i grafemi. Nell’installazione site-specific Leparolechenontihodetto, le matite colorate rappresentano le parole che non sono state decifrate correttamente dall’algoritmo di Google Translate, che sfuggono al controllo digitale e che rimangono “sospese” nell’aria e nello spazio, creando un ambiente tridimensionale e immersivo. Un telaio spaziale in cui le linee colorate delle matite si compenetrano le une alle altre, delineando volumi rettangolari attraverso sottili bordi colorati. Come nel film Matrix, lo spettatore può varcare quello spazio simulato e “giocare” o interagire con le matite così come giocherebbe con le parole, determinando un processo di immedesimazione e, dunque, di piacere estetico.

Come afferma Chiara Canali nel testo critico in catalogo: “In entrambi questi lavori è evidente la volontà di superare il paradigma logico-sequenziale della mente alfabetica che si basa sulle tecnologie della scrittura a favore della mente digitale dominata dalle tecnologie digitali. Attraverso le nuove tecnologie della comunicazione, l’uomo contemporaneo si avventura al di là dello spazio analogico, alfabetico e geometrico, ed entra nella vastità della mente digitale.